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Machine Learning e alternative workforce: il futuro del lavoro

 

Questo post, scritto da Julie Jares, è stato pubblicato originariamente in inglese sul blog di Workday. Pensiamo che possa interessare anche ai nostri lettori di altre lingue, quindi è disponibile tradotto qui sotto.

Molti anni fa, il dottor John Boudreau, professore universitario, guru delle HR e autore di diversi libri sull'argomento, aveva già compreso i cambiamenti che avremmo dovuto affrontare collettivamente nel mondo del lavoro. "Il mercato del lavoro di domani sarà qualcosa di più di un semplice insieme di dipendenti e posizioni, si sta trasformando in un ecosistema, un insieme "senza confini" di lavoratori e lavoro", sosteneva.

Anche se la visione di Boudreau non si è ancora trasformata in realtà, è evidente che siamo sulla strada giusta. Il sondaggio "2019 Deloitte Global Human Capital Trends" ha coinvolto quasi 10.000 intervistati in 119 paesi diversi per fare luce sulle sfide di un mondo del lavoro in continua evoluzione. Dal report emergono 10 trend di cui le aziende devono tenere conto per vincere queste sfide. In questo post, approfondiremo due di essi, l'alternative workforce e il machine learning, che hanno acquisito un'importanza sempre maggiore per i responsabili HR.

L'alternative workforce è ora mainstream

Pensa all'effetto di eBay sul retail, allo sconvolgimento dei trasporti apportato da Uber, all'impatto di Airbnb sul mercato delle strutture ricettive e all'ingresso di UpWork nel mercato dei talenti. Non c'è da stupirsi se uno dei top trend di Deloitte è l'importanza dell'alternative workforce. In un recente studio, i ricercatori di Harvard e Princeton hanno rilevato che la percentuale di lavoratori impegnati in forme di lavoro non dipendente è passata da poco meno dell'11% nel febbraio 2005 a quasi il 16% alla fine del 2015. Alla luce di tale incremento, le aziende devono adattarsi a questi modelli di lavoro in evoluzione e capire come trasformarli in un vantaggio strategico.

Secondo il report di Deloitte, il lavoro a contratto si è ampliato fino a includere molte più categorie. Il termine ora si riferisce a team esternalizzati, collaboratori esterni, liberi professionisti, lavoratori a progetto e crowdsourcing. Ma non è solo una questione di terminologia: anche la relazione tra datore di lavoro e dipendente è cambiata.

Il 54% degli intervistati da Deloitte ha dichiarato di gestire i flexible worker in modo incoerente o di disporre di pochi o nessun processo per la loro gestione.

"La vera sfida per i manager," afferma Boudreau, "è questa: non è sufficiente essere buoni leader per i dipendenti, perché in questo modo potrebbero rimanere escluse molte altre persone che stanno svolgendo attività lavorative. I leader hanno la possibilità di coinvolgere e guidare un intero ecosistema di potenziali collaboratori che possono entrare in contatto con loro in molti modi diversi".

La ricerca di Deloitte suggerisce, tuttavia, che "la maggior parte delle aziende considera gli accordi di lavoro flessibile una soluzione transazionale, non una fonte di talenti importante. Il 54% degli intervistati ha dichiarato di gestire i flexible worker in modo incoerente o di disporre di pochi o nessun processo per la loro gestione". Eppure questi ruoli sono spesso tutt'altro che transazionali. I CFO freelance, ad esempio, vengono talvolta utilizzati come consulenti nei casi di richieste di finanziamenti o durante la transizione tra due CFO. Il report sottolinea anche l'importanza strategica di queste nuove forme di collaborazione, che "permettono alle aziende di trovare le persone giuste al momento e nel ruolo giusto per avere successo in un mercato del lavoro in cui sta diventando sempre più difficile trovare i talenti".

Secondo il report, "le organizzazioni che prendono sul serio questa forza lavoro possono costruire strategie e programmi per coinvolgere persone di talento ovunque si trovino, sostenendo la crescita dell'attività e la diversificazione della forza lavoro".

Dal job al superjob

Il machine learning sta entrando sempre più a far parte della nostra vita quotidiana. Basti pensare ai dispositivi medici, alle auto senza conducente, al controllo della temperatura negli edifici commerciali e alle raccomandazioni di Netflix, per fare qualche esempio.

Ma il machine learning e l'automazione continuano a sollevare dubbi: quale sarà l'impatto di queste tecnologie sui lavoratori? Quali nuovi ruoli verranno creati? Quali attività scompariranno?

Secondo il report di Deloitte i ruoli stanno effettivamente cambiando, ma forse non nel modo in cui ci saremmo aspettati. Paradossalmente, dal sondaggio emerge che "per essere in grado di trarre il massimo vantaggio dalla tecnologia, le aziende devono ridefinire il lavoro per focalizzare l'attenzione sulla dimensione umana. Questo creerà nuovi ruoli che chiamiamo "superjob", ossia lavori che combinano caratteristiche di diverse posizioni tradizionali in ruoli integrati che sfruttano la tecnologia per incrementare produttività ed efficienza."

Una sfida che non spaventa le aziende: secondo il report, la maggior parte delle organizzazioni prevede di aumentare l'uso della tecnologia in vari ambiti, da quello cognitivo all'automazione robotizzata dei processi, nei prossimi tre anni.

L'unica certezza nel nuovo mondo dei superjob è che l'equilibrio tra capacità umane e tecnologia continuerà ad evolversi tanto rapidamente quanto la tecnologia stessa.

Il report rileva che, dopo che alcuni compiti sono stati automatizzati, resta forte il bisogno di abilità prettamente umane, come la capacità di giudizio, l'immaginazione e la curiosità. E questo lavoro è "generalmente più interpretativo e orientato al servizio, poiché comporta problem-solving, interpretazione dei dati, comunicazioni e ascolto, servizio clienti ed empatia, lavoro di squadra e collaborazione".

L'unica certezza nel nuovo mondo dei superjob è che l'equilibrio tra capacità umane e tecnologia continuerà ad evolversi tanto rapidamente quanto la tecnologia stessa. Ciò che le aziende devono capire, spiega il report, è come "mettere in atto questa rivoluzione in modo da ottenere risultati positivi per sé, per i propri lavoratori e per l'economia e la società nel loro complesso."

Prepararsi al nuovo mondo del lavoro

Le aziende devono essere consapevoli che il cambiamento rappresenterà una costante nel prossimo futuro e che le skill e i ruoli oggi più richiesti potrebbero non esserlo più fra appena qualche anno. Dallo studio condotto da Workday emerge che, per i manager HR, la capacità di utilizzare nuovi strumenti e tecnologie e la flessibilità cognitiva per gestire il cambiamento costante sono competenze cruciali della forza lavoro del futuro. In base a quanto osservato nel corso degli ultimi cinque anni, i prossimi cinque vedranno una rivoluzione ancora più profonda. Le aziende che saranno in grado di prosperare sono quelle che si stanno già preparando oggi.

Per ulteriori approfondimenti sui trend qui evidenziati e per conoscere altri trend della ricerca di Deloitte, consultare il nostro white paper "Strategie per gestire la forza lavoro del futuro".